Self Injurious Behavior

Self Injurious Behavior

La pelle è il confine tra noi e il mondo esterno.
Ci racchiude, ci protegge, è il nostro involucro, il nostro confine.

La pelle è l’organo più esteso del nostro corpo ed è quello più esposto al contatto, alla relazione con gli altri, ed è proprio a tale livello che vanno ricercate le cause delle idiosincrasie che trovano nella pelle il terreno ideale per esprimere i problemi relativi a se stessi ed al rapporto con gli altri.

Sempre più spesso arrivano nel mio studio genitori preoccupati per il comportamento dei figli adolescenti, mi raccontano di ragazzi chiusi in casa, senza contatti col mondo esterno, attaccati giorno e notte al telefono e al pc.

I racconti si somigliano e mi ritrovo genitori perplessi circa un drastico cambiamento di atteggiamento: i gli amici vengono allontanati e l’adolescente passa la maggior parte della giornata chiuso nella sua stanza, non comunica più coi genitori e non vuole essere disturbato nella sua privacy che difende a denti stretti.

Diventano scontrosi e cinici, non accettano interferenze, sono pronti ad attaccare chiunque cerchi di “forzare” le barriere innalzate.

Quando riesco ad incontrarli in studio mi trovo dinnanzi giovani spesso introversi e poco propensi alla comunicazione, visibilmente malinconici e decisamente infelici.

Il primo incontro generalmente è fondamentale nel creare rapport: loro ti osservano con molta attenzione, frugano nel tuo sguardo per capire se possono fidarsi di te, alcuni provocano per testare la tua “forza” e gli errori o le sviste non sono tollerate.
Devi conquistarti la loro stima; le incertezze, gli imbarazzi, il disorientamento devono dissiparsi nel più breve tempo possibile, e tu hai solo una seduta per farlo.
Quando riesci ad entrare in contatto con loro e conquisti la loro fiducia, si aprono e come un fiume in piena ti inondano di tutta la loro sofferenza…sentimenti di impotenza e sensi di colpa, senso di solitudine e di vuoto, rabbia, depressione, tristezza, frustrazione, ed è proprio per sfuggire da queste emozioni negative che gli autoferitori innescano l’atto lesivo, una sorta di meccanismo di difesa che produce in loro una sorta di  “appagamento” temporaneo.

In psicologia si identificano con la sigla SIB, acronimo di Self Injurious Behavior, che tradotto significa “comportamento di autoferimento” (autolesionismo) ed è così definito: “azioni intenzionali, ripetute, a bassa letalità che alterano o danneggiano il tessuto corporeo, senza alcun intento suicida cosciente”.

Dagli studi attuali risulta che i soggetti più a rischio siano adolescenti o giovani adulti, con maggiore incidenza tra il sesso femminile, 2 adolescenti su 10 si farebbero intenzionalmente del male, anche se verosimilmente le stime rilevate sono sicuramente in difetto per il semplice fatto che molti di tali ragazzi non incontreranno mai un terapeuta riuscendo a mantenersi tristemente nell’ombra.

 

© Dott.ssa Irene Borgia

 

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